venerdì 29 gennaio 2010

La Mattanza a Favignana

Alla fine di maggio le Egadi sono un luogo ideale per la procreazione dei tonni: l7-l8 gradi di temperatura a 20 metri di profondità, salinità superiore al 37 per mille.
I tonni nuotano in branco fiancheggiando la costa di Favignana, finchè non trovano uno sbarramento quasi perpendicolare alla costa.


Sono in trappola: verranno condotti di camera in camera fino ad arrivare alla camera della morte.
Un uomo, appostato su una barca sopra la porta della tonnara, con una lenza in mano, sente dal numero dei fremiti quanti tonni sono entrati e lo comunica al rais.
Quando gli sembra che il numero sia sufficiente e le condizioni del tempo e del mare siano buone, il rais ordina per la mattina successiva all'alba la mattanza. E' infatti necessario che il mare sia calmo perchè le barche di tonnara, studiate per le loro particolari funzioni, non sopportano l'ondeggiamento

E' l'alba. Arriva l'ordine di imbarco, le barche legate l'una all'altra vengono rimorchiate da un barcone a motore che le porta al largo.
Prima di iniziare tutti si fermano, il capo si toglie il berretto imitato dalla ciurma e intona delle preghiere:
Un Credo o Signuri,
Una Salve Regina a Maronna ri Trapani...
Gli uomini rispondono con le preghiere:
“... nna Reca Materna all'armiceddi santi priatori rì nostri morti '.”
“Chi Diu lu facissi!” rispondono i tonnaroti.
Poi il rais conclude : “Bongiorno a tutti!” e si rimette il berretto in capo.
Si osserva il movimento del branco dalle finestrelle della barca o dai bidoni col vetro sul fondo. Le barche si dispongono in quadrato lungo il perimetro: le medie ai lati maggiori, un vascello più grande chiude il lato di ponente e gli uomini fissano saldamente i bordi della rete con carrucole alla fiancata. Al grido del rais “Assumma!” oltre 40 uomini in piedi sul bordo cominciano a issare la porta della camera con la maggiore rapidità possibile. A mano a mano che tirano in sincronia la rete, il vascello avanza a chiudere il quadrato della mattanza.


Il rais, sulla sua sciabbica guidata da due assistenti, si porta al centro del quadrato, indossa un pesante impermeabile di gomma nero e un cappuccio per proteggersi dagli schizzi, impartisce gli ordini con un fischietto e con ampi e solenni gesti delle braccia.
Ad un certo punto si leva la voce del “cialomatore” e un coro intona le “cialome”, dei canti popolari.
La prima ad essere intonata è “Aja Mola, aja mola!” che secondo alcuni significa “Forza, moro!”, e secondo altri “Allah, che muoia!”; si tratta di un antichissimo motivo decisamente arabo il cui ritmo accompagna il movimento dei pescatori che issano la rete, mentre le parole sono una specie di litania a Gesù Cristo, alla Vergine, a S. Giuseppe perche proteggano i tonnaroti e consentano una buona pesca.
Quando la rete di fondo della camera della morte arriva a pochissimi metri dalla superficie i tonni impazziti si dibattono per la mancanza d’acqua profonda e di ossigeno. “Spara a tunnina!” si grida. I pescatori si armano di arpioni: si dispongono in quattro o cinque gruppi di otto uomini ciascuno, entro il bordo del vascello.
I tonni si accavallano ora in pochi centimetri d'acqua, dandosi colpi di coda, massacrandosi a vicenda, lanciandosi contro gli angoli della camera della morte.
Ogni gruppo si dispone in doppia fila di quattro uomini: i primi due, gli arringatori, sono armati di arpioni corti (cm 90), i crocchi d'arringare, coi quali afferreranno per primi il tonno all'altezza della testa; subito i secondi due, armati di crocchi lunghi m 2, arpioneranno il pesce più in basso; poi la terza e la quarta coppia, finchè il pesce resterà in bilico sul bordo e allora gli arringatori, lasciato il crocco, ne afferreranno le pinne dorsali e con un ultimo strattone faranno precipitare il tonno all'interno del vascello, alle loro spalle.
Ma il rais prima di dare l'ordine della mattanza aspetta che i pesci, nella loro disperata agonia, si siano semiuccisi tra loro a colpi di coda e che la mancanza di ossigeno ne diminuisca la forza.
All’ordine del rais gli uomini protendono fuori bordo i loro uncini. I primi tonni vengono agganciati, i tonnaroti, il mare, le reti si tingono di un rosso rubino.


Quando l'ultimo tonno cade nella barca gli uomini si fermano e il rais fischiando e agitando le braccia dà il segnale della fine della mattanza.
I tonnaroti si tolgono il berretto e gridano in coro: « E sempri sia luratu u nomu di Jesu! ».

La mattanza dei tonni per quanto una pratica cruenta e sanguinosa è un rito antichissimo, rappresentava l’eterna lotta per la sopravvivenza tra l’uomo e la natura, in un tempo in cui l’uomo doveva ancora lottare per sopravvivere.
A Favignana è ancora praticata ed è diventata un’attrazione turistica, ma soprattutto oggi i tonni vengono pescati in maniera industriale, con il minimo sforzo per l’uomo e il massimo dispendio di risorse per la natura, infatti il tonno rosso è fortemente a rischio di estinzione.

4 commenti:

  1. E' un periodo in cui ho poco tempo da dedicare al blog. Passo a leggervi appena posso e spesso non lascio commenti; così facendo recupero tempo e visito altri blog amici.
    Buon fine settimana :)

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  2. Ciao Pino
    Buon fine settimana anche a te.

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  3. come faccio a dirti che è un "bel" post?
    io ci penso sempre...
    figurati che c'è gente che si vanta di essere vegetariana, e poi ti dice che mangia tonno in scatola!

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  4. Gradirei sapere se è quando si effetterà la prossima MATTANZA a Favignana & dintorni e cosa fare per potervi assistere.
    Ringrazio anticipatamente e cordiali saluti.

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